Siamo così, dolcemente complicate,
sempre più emozionate, delicate,
ma potrai trovarci ancora qui
nelle sere tempestose
portaci delle rose
nuove cose
e ti diremo ancora un altro "sì",
è difficile spiegare
certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui,
con le nostre notti bianche,
ma non saremo stanche neanche quando ti diremo ancora un altro "sì"
FIORELLA MANNOIA
Non mi sono mai fermata a pensare il perchè di un giorno dedicato alle donne. Ho sempre pensato che, come per altre festività (Festa della Mamma, del Papà), ci fosse lo zampino dei fioristi e del consumismo che ora si cela dietro a queste ricorrenze. Negli ultimi anni, poi, i motivi di questa festa ci sono stati quasi "imposti" dalla nostra società in continuo cambiamento: la lotta fra i sessi, la conquista da parte delle donne della loro dignità e del valore che queste hanno nella famiglia, nel posto di lavoro. Ma ieri ho scoperto che questa ricorrenza ha radici ben più profonde, anche se abbastanza confuse. Si dice che sia nata per ricordare una terribile strage che ebbe luogo a New York il 25 marzo 1911 (piccolo errore di data) e che segnò la vita di 500 donne, la maggiorparte immigrate, vittime in quel tranquillo pomeriggio di fine marzo, di un terribile incendio che vide la morte di 146 di loro, 39 delle quali italiane. Allora come oggi in molti luoghi del nostro enorme ed ingiusto mondo, le donne hanno pagato il sopruso dei loro datori di lavoro che le sfruttavano per farle lavorare 60 ore la settimana e che le chiudevano dall'esterno per evitare che si allontanassero dal posto di lavoro. E' stato un pomeriggio terribile quello quando alte si ergevano le fiamme del fuoco sui cieli di New York e molte donne sono volate, chi sole chi abbracciate ad un'amica, una sorella, da quel 9/10 piano di una fabbrica, in un Paese dove pensavano di trovare solo felicità. Ricordiamo queste donne, ricordiamo quelle che tutt'oggi vengono sfruttate, lapidate, sfigurate perchè hanno cercato di raggiungere quella piccola luce che vedevano da lontano, ricordiamoci di loro e lasciamo perdere inutili ripicche, noi che possiamo vantare una situazione tutto sommato accettabile, e uniamoci per migliorare la vita di quelle che ancora soffrono.
Questo bellissimo e gustosissimo piatto è il risultato di alcune variazioni ad una ricetta che ho trovato nel libro PASTA & OPERA di Antonio Carluccio. Libro fantastico, completo anche di CD con alcune delle migliori opere più famose. Un perfetto abbinamento in cucina, soprattutto se uno ha lasciato l'Italia da diversi anni e ne ha nostalgia solamente per l'aspetto gastronomico. L'ho comprato per caso come regalo per la mia amica tirolese-leonesa-romana Katrin, ma si è rivelato una vera sorpresa, tanto che me ne sono comprata una copia anch'io.
INGREDIENTI PER 2 PERSONE
Passare il petto d'anatra in padella con metà della noce di burro e il cucchiaio d'olio (circa 5 minuti per parte). Dopo aver girato il petto, aggiungere il brodo e continuare la cottura a fuoco basso. Nel frattempo tagliare il mango a fettine sottili. Le parti più piccole del mango si triturano e si prepara una salsina aggiungendo l'aceto, lo zucchero e un pizzico di pepe. Quando il petto è cotto, toglierlo dalla padella e metterlo in caldo. Nella padella di cottura aggiungere il resto del burro, la salsa al mango preparata precendentemente e la fecola sciolta in un cucchiaio d'acqua. A questo punto tagliare obliquamente il petto a fette sottili e posizionarle sul piatto alternando con le fette di mango. All'ultimo versare la salsa sopra l'anatra e il mango.